In realtà non avevo intenzione di scrivere alcunché stasera. Ma a volte succedono cose che ti obbligano a cambiare i tuoi progetti. Chi mi conosce un po’ sa quanto detesti modificare i miei piani di un singolo millimetro. E quindi potrà capire meglio quanto questa notizia mi abbia colpita e turbata.

Riassunto in due righe: l’assessore alla cultura della provincia di Venezia ha intimato alle biblioteche di togliere dagli scaffali e di non promuovere in alcun modo i libri degli autori che nel 2006 sottoscrissero un appello per la scarcerazione di Cesare Battisti. Naturalmente un assessore non ha il potere di imporre una misura del genere, ma, anche se pare impossibile, può avanzare viscidi ricatti sul tono del “chiunque può fare ciò che desidera… ma se ne assuma le responsabilità”, magari con il sostegno della COISP, sindacato di polizia.

Non intendo commentare le circostanze specifiche di questo caso: se mi dite Cesare Battisti il mio cervello pesca informazioni nebulose su qualcuno accusato di omicidio che aveva qualcosa a che fare con le Br (ecco a voi la mia ignoranza galoppante). Ma posso notare che la totale assurdità del pretesto stesso è potenzialmente pericolosissima. L’idea che le opere di un autore che nel 2006 ha indirettamente e timidamente appoggiato un uomo che oggi il governo vuole estradare a tutti i costi debbano essere “messe al bando” è talmente delirante che rischia di venir liquidata con un’amarissima risata. E si rischia che questo ricatto governativo venga accettato. E che si crei un precedente. La cosa che temo di più è appunto questa: l’eventualità che misure di questo tipo vengano accettate passivamente proprio perché appaiono paradossali.

Davanti ad assurdità del genere è persino difficile indignarsi. Ma bisogna farlo.

Qui non si tratta tanto di ledere la libertà di informazione o di stampa. Si tratta piuttosto di cercare di affermare un’idea pericolosa: che le posizioni ideologiche e il comportamento di un autore possano essere lesive per la diffusione e la fruizione della sua opera. Che gli scrittori possano essere selezionati e divisi tra graditi e indesiderabili in base alle loro idee.

E la conseguenza di questo ricatto è anche un altro: si afferma il principio che il libro non è 1. sacro e intoccabile 2. del tutto indipendente dall’identità del proprio autore, prodotto artistico autonomo dal proprio creatore e patrimonio collettivo.

Si introduce la prassi di filtrare le informazioni, la cultura, le opere artistiche, secondo criteri arbitrari.

Avrei trovato meno sconvolgente un appello ai lettori a non comprare le opere dei suddetti autori. Ma è molto peggio. Prima di tutto lo scopo non è danneggiare economicamente lo scrittore ma impedire la diffusione della sua opera. Significa che qualcuno, in questo caso un esponente del governo per di più, si permette di scegliere ciò che io posso o non posso leggere. Con tutto ciò che ne consegue. E questo mi urta parecchio.

Mia madre è bibliotecaria. Le ho fatto leggere questa notizia appena sono venuta a sapere dei fatti in questione. Dopo essersi ripromessa di far girare una mail informativa e di avvisare il suo referente sindacale, ha commentato: “di sicuro non lo farò sapere al mio assessore. Non vorrei darle una nuova idea.”

L’assessore in questione è della lega e da quando è in carica non si riesce a realizzare un’iniziativa culturale degna di questo nome. Solo sagre delle caldarroste e Suor Nausicaa alla festa del paese.

Assessore alla cultura? Perché mi viene in mente l’orwelliano ministero dell’Amore?

P.S. Dimenticavo: nel post precedente mi sono dimenticata di ringraziare Viola per avermi concesso di intitolare il blog “violattitudine”, ovvero con un adorabile neologismo che lei per prima ha usato nelle tag del suo blog. Questo per dire che non ho inventato io il termine e che la mia fantasia è pari a zero.